Crescita della popolazione: criticità e interrogativi in una Svizzera con 9 milioni di abitanti

    La crescita demografica a livello mondiale e a cascata anche a livello nazionale deve giustamente preoccupare e interrogare: siamo in un pianeta limitato e non possiamo continuare ad aumentare numericamente per un evidente problema di risorse naturali a disposizione. La crescita della popolazione mondiale è però un fenomeno complesso legato a diversi fattori. Tra questi si può citare lo sviluppo economico, il livello di istruzione e i diritti delle donne. Una maggiore redistribuzione della ricchezza a livello mondiale accompagnata da maggiori diritti sociali, economici e formativi è probabile che possa avere degli effetti significativi di riduzione della crescita demografica, come del resto si è visto in quasi tutti i paesi occidentali. La differenza non è però data solo dall'aspetto numerico ma anche e soprattutto dall'aspetto qualitativo: per il pianeta ciò che conta è l'impatto in termini di consumi, produzione di rifiuti e inquinamento e uso del suolo. Se si pensa che l'impronta ecologica di uno svizzero medio corrisponde a ca. 4.5 pianeti e che la corrispondente impronta per diversi paesi africani e asiatici è da 5 a 10 volte più piccola è evidente che l'impronta ecologica o l'impatto ambientale di ogni individuo è perlomeno altrettanto importante del numero di homo sapiens sul pianeta. La crisi climatica e quella della biodiversità sono la spia di un impatto sul pianeta ormai insostenibile dell'umanità. E` quindi evidente che è necessario un cambiamento radicale per incamminarci verso una vera sostenibilità.

    Volgendo lo sguardo alla Svizzera il 2023 la vedrà superare i 9 milioni di abitanti con un aumento medio degli ultimi anni di ca. 50’000 abitanti annui. Questo implica anche che ogni secondo si perde 1 m2 di terreno verde, ca. 86’000 m2 o 8-10 campi di calcio al giorno. Fatta accezione per i rifugiati ucraini arrivati nell'ultimo anno e alcune figure professionali necessarie (ad esempio nel settore sanitario), è evidente che gran parte dell'immigrazione è legata alla crescita economica Svizzera, generalmente più forte rispetto a quella dei paesi confinanti. Secondo me va quindi fatta una riflessione sulla sostenibilità soprattutto ambientale di questa crescita economica. Si tratta di una crescita di settori economici orientati alla sostenibilità sociale e ambientale o la crescita è generalizzata senza veri criteri da soddisfare?
    In questo contesto, perlomeno sul corto e medio periodo, io sono meno preoccupato dall'aumento quantitativo della popolazione, ma molto di più dagli aspetti qualitativi, ovvero dell'impatto che questa popolazione ha sull'ambiente e sul territorio: come sono organizzati gli insediamenti? come e con quali materiali vengono costruite le nuove abitazioni? quanto e cosa consuma la popolazione? come e quanto si sposta? quali fonti energetiche utilizza? ecc. Raggiungere un impatto minore in termini di consumi è possibile: nonostante un aumento della popolazione di 1.5 milioni di abitanti dal 2000 il consumo pro capite di energia è stato stabile dal 1990-2005 (110 GJ/p), calando poi a 90 GJ/p, ciò che corrisponde ad un -20.8% dal 2000. Il consumo di elettricità è praticamente stabile dagli inizi degli anni 2000, la riduzione del consumo pro capite è invece del -10.4% dal 2000.

    Sugli aspetti qualitativi la posizione verde si differenzia ampiamente dalla maggioranza borghese e in particolare dall`UDC che finora ha fatto ben poco per ridurre l'impronta­ ecologica tramite una riduzione importante dei consumi, una pianificazione territoriale basata sulla densificazione centripeta e il contenimento delle zone edificabili, la riduzione delle emissioni dannose per clima, l'aumento della produzione di energia rinnovabile, la mobilità sostenibile. L'atteggiamento dell`UDC, che sta cavalcando il tema della crescita della popolazione, è estremamente contraddittorio, quasi schizofrenico: da un lato vuole far crescere le aziende già presenti e attrarre nuove aziende ed imprenditori con una politica di sgravi fiscali,  dall'altro quando poi queste aziende richiamano personale dall'estero perché non disponibile in Svizzera ecco che grida "al lupo al lupo" per l'aumento della popolazione. Io sono convito che se sapremo guidare la politica economica e fiscale con chiari e vincolanti criteri di sostenibilità ambientale e sociale avremo quale effetto naturale una riduzione della crescita economica disordinata e quindi anche della relativa immigrazione.

    In Ticino la situazione è almeno in parte diversa rispetto a quella a livello nazionale. Dal 2016 la popolazione cantonale è in diminuzione e solo nell'ultimo anno sembra instaurarsi una certa stabilizzazione o un leggero aumento. Anche qui la politica economica ci viene in aiuto per trovare delle chiavi di lettura: in Ticino negli ultimi 30 anni si è costruita una economia basata sul frontalierato (i salari ticinesi sono tra il 14 e il 36% più bassi di quelli del resto della Svizzera) che evidentemente non contribuisce ad aumentare i numero dei residenti. A livello edilizio si è però continuato a costruire molto anche a causa della speculazione edilizia legata ai bassi tassi di interesse. I tassi di sfitto attuali sono quindi molto elevati. Per questo i comuni ticinesi stanno facendo di tutto per invertire la tendenza e tornare a crescere. La lotta per accaparrassi residenti è quindi più che mai lanciata. Le maggioranze nelle autorità comunali e cantonali, salvo poche eccezioni, sono ormai convinte che la panacea a tutti i mali è e rimane la crescita demografica legata a doppio filo alla crescita economica. Per questo motivo la decisione dell'ufficio federale della pianificazione territoriale sul piano direttore cantonale che giustamente ha corretto verso il basso gli scenari demografici ticinesi sulla base della recente evoluzione ha creato un ondata di reazioni di sdegno, quasi una ribellione cantonale. La maggioranza, UDC compreso, ha fatto quadrato attorno all'altare della crescita demografica e quindi si è schierata compatta a difesa di possibilità edificatorie più ampie e di piani regolatori sovradimensionati.

    Fintanto che la crescita economica e demografica sarà connotata solo positivamente e sarà un obiettivo da raggiungere quasi ad ogni costo dalle autorità comunali e cantonali difficilmente ci sarà un cambio di paradigma. In una prima fase si può quindi solo auspicare che si possa perlomeno fare dei passi avanti maggiori sugli aspetti qualitativi che permeterrebbero di aumentare la popolazione senza aumento dei consumi e senza sacrificare ulteriori superfici verdi.

    La nuova legge federale sulla pianificazione del territorio entrata in vigore nel 2014 chiede espressamente di implementare un modello di densificazione centripeta basato sulla qualità degli insediamenti. Assieme ad una riflessione sulle tipologie di abitazioni sia a livello energetico, ma anche pensando a cooperative di abitazione con spazi maggiormente condivisi e ragionando sullo spazio pro capite utilizzato per abitare, bisognerà sicuramente densificare le costruzioni all'interno delle zone urbane senza però dimenticare che anche in città sono fondamentali delle zone verdi e alberate. Per questo le nostre città dovranno sempre più essere liberate dal traffico automobilistico privato e gli spostamenti trasferiti su mezzi pubblici e la mobilità dolce. Questo libererebbe enormi superfici che potranno essere usate per alloggi, per parchi o per zone verdi. Parallelamente bisognerà lavorare sulla riduzione dei consumi e la riduzione dei rifiuti.

    Matteo Buzzi, candidato al Gran Consiglio n. 19, lista 14 Verdi del Ticino