Fatta eccezione per il periodo pandemico il prodotto interno lordo ticinese (PIL), indicatore del motore economico cantonale, è in crescita. Nonostante questa crescita apparentemente positiva diversi altri indicatori danno un quadro a tinte fosche della situazione, anche perché la crescita economica non è andata egualmente a favore tutte le fasce della popolazione e a beneficiarne non sono stati solo i residenti. Anche se il numero di persone residenti occupate è aumentato a causa dell'aumento degli impieghi a tempo parziale, i frontalieri rappresentano ben il 31% degli occupati su suolo cantonale. Dal 1999, il loro numero non ha quasi mai cessato di crescere fino a raggiungere nel quarto trimestre del 2022 quasi 78000 unità.
Il fenomeno della disoccupazione colpisce in misura maggiore il Ticino rispetto al resto del paese: secondo le definizioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) il tasso di disoccupazione in Ticino è del 7.8%, mentre è del 5.1% a livello svizzero.
Secondo i dati del 2020, il salario mensile lordo standardizzato mediano versato dalle imprese private ticinesi ammonta a 5.203 franchi mensili. Il divario con i 6.361 franchi retribuiti dall’economia privata nazionale corrisponde a circa 1.200 franchi, pari a -18,2%. Il divario con i salari svizzeri si accentua per le professioni nel terziario. Va inoltre considerato il fatto che questa situazione salariale cantonale si inserisce in un contesto globale in cui l'aumento di produttività e gli utili creati grazie lavoro non si ripercuotono nei livelli salariali o nella riduzione del tempo di lavoro, ma sono andati a favore del grande capitale, nel padronato o a favore degli azionisti.
In Ticino, nel 2020, quasi un quarto delle persone, il 24,4%, vive in un’economia domestica con un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia di rischio di povertà, contro una quota del 15,4% in Svizzera. Anche se è statisticamente difficile dimostrarlo è evidente che, perlomeno sul lungo periodo, vi è in atto un effetto di sostituzione del personale residente.
Pur non essendo un economista e ammettendo che in un contesto globale di economia capitalista neoliberale molto competitiva non è facile stimolare dei cambiamenti a livello cantonale, a me sembra che il quadro, anche se certamente migliore rispetto a quello di altri paesi che ci circondano, non sia molto esaltante. L'economia ticinese, con lodevoli eccezioni, è infatti stata costruita negli ultimi 30 anni per sfruttare il differenziale salariale e fiscale tra Svizzera e Italia. Ciò ha creato il substrato ideale per l'insediamento di aziende poco legate al territorio e che impiegano sopratutto manodopera frontaliera a basso costo. Ciò ha inevitabilmente livellato verso il basso anche i salari dei residenti. Anche per i nostri giovani talenti il Cantone ha perso in attrattività e per questo molti hanno deciso di non più rientrare dopo gli studi o dopo le prime esperienze professionali oltre Gottardo. La politica economica grazie ad una fiscalità a pioggia, che ha parallelamente creato voragini nelle casse dello stato, ha steso i tappetini rossi senza alcun criterio qualitativo ad aziende di ogni tipo, anche quelle del settore della logistica che hanno riempito il cantone di capannoni per mettere in piedi un sistema di elusione fiscale poi duramente sanzionato dai paesi esteri toccati, imponendone il rientro rapido in patria e quindi lasciando interi comuni ticinesi con entrate fiscali improvvisamente decimate e capannoni semivuoti.
Errare è umano ma perseverare è diabolico. Il proverbio calza a pennello sulla situazione economica ticinese dove è necessario un cambiamento di rotta importante. Da un lato va finalmente introdotta una fiscalità basata su criteri qualitativi: il livello salariale, l’impatto sul territorio e l'ambiente, i consumi energetici e il tasso di occupati residenti e dall’altro è evidente che bisogna al più presto mettere in atto una nuova politica salariale in cui le regolamentazioni statali siano maggiormente ampie e vincolanti. Oltre al salario minimo già in vigore grazie ai Verdi, che dovrà comunque essere alzato fin al massimo possibile secondo la legge federale, il Ticino necessiterebbe quindi di uno statuto speciale per poter introdurre delle misure nel mercato del lavoro più severe rispetto a quelle a livello nazionale: contratti collettivi obbligatori, salari minimi di tipo economico e/o controlli anti dumping molto più sistematici.
Salari più elevati potrebbero finalmente favorire anche la riduzione del tempo di lavoro per tutti e tutte a favore della cura dei bambini o degli anziani, del volontariato associativo, politico o sportivo, dell'autoproduzione o dello scambio del tempo, tutte forme non monetarie ma che rafforzano la coesione di una comunità e possono essere un elemento interessante per ridurre i consumi e accorciare le filiere.
Evidentemente bisognerà lavorare anche sui costi a carico dei residenti, in particolare quelli legati alla cassa malati, i cui premi sono esplosi negli ultimi 10 anni. Qui andrà perseguita la creazione di una cassa malati unica con premi in funzione del reddito. Inoltre la sanità e la farmaceutica dovranno essere meno orientate al profitto.
Oltre a salvaguardare e sostenere il tessuto economico delle piccole medie imprese legate al territorio, i settori su cui puntare sono quelli ad alto valore aggiunto che possono svilupparsi attorno a USI e SUPSI, quelli legati alla ricerca medica e farmaceutica, al settore sanitario, a quello delle nuove tecnologie (come l'intelligenza artificiale), in particolare anche a quelli necessari alla transizione energetica (energie rinnovabili e efficienza energetica). Il tutto in un quadro finalmente orientato ad una economia circolare e ad un uso parsimonioso delle risorse energetiche e del territorio. L’economia circolare si contraddistingue per il fatto che le materie prime vengono utilizzate in modo efficiente e il più a lungo possibile. Se si riesce a chiudere il ciclo dei materiali e dei prodotti, le materie prime possono continuare a essere riutilizzate – a beneficio non solo dell’ambiente, ma anche dell’economia stessa. Oltre ai settori ad alto valore aggiunto o legati alla transizione ecologica si dovrà puntare sul turismo dolce (anche se abbiamo sprecato per egoismi personali ed ideologici l'occasione del parco nazionale) e sul settore primario ecologico in modo da garantirci una sana sovranità alimentare. Per questo la perdita di territorio agricolo di qualità va fermata e l'economia agricola di montagna va sostenuta maggiormente sia per riconoscerle il suo ruolo ecologico e paesaggistico che per poter convivere meglio con i grandi predatori, in particolare con il lupo. In questo senso è da prevedere un aumento massiccio dei sostegni finanziari per le misure di protezione (cani, pastori, recinzioni e uso di nuove tecnologie).
Per poter riorientare l'economia in questa nuova ottica è necessario uno stato forte che possa permettersi di stimolare il cambiamento. Per avere i mezzi a sufficienza per questo piano di rilancio qualitativo è necessario uno stato dalle finanze sane. Gli sgravi fiscali degli ultimi anni accompagnati da un crescente bisogno della popolazione, impoverita dalla strategia economica perseguita, hanno svuotato le casse cantonali. E` evidente che non si può continuare in questa direzione e i tagli prospettati nei prossimi anni preoccupano perché tolgono quella possibilità di investire nel cambiamento necessario in questo momento. Il decreto Morisoli che chiede il pareggio di bilancio entro il 2025, approvato in votazione popolare facendo credere che non ci sarebbero stati tagli significativi per la popolazione, è purtroppo ora una pericolosa palla al piede del cantone. Personalmente io avrei seguito una politica che prendesse seriamente in considerazione non solo le uscite, laddove è possibile ridurle o ottimizzarle, ma anche le entrate. Io introdurrei infatti una fiscalità per le aziende basata finalmente su criteri qualitativi e aumenterei la progressività delle imposte cantonali per le persone fisiche. Le risorse finanziarie nei redditi molto alti ci sono. E i soldi per i grandi progetti orientati al futuro e per una maggiore solidarietà vanno presi, certamente con moderazione e attenzione, ma dove effettivamente ci sono.
Matteo Buzzi, deputato uscente, candidato al Gran Consiglio n. 19, lista 14, Verdi del Ticino